La rivoluzione sociale. Periodico socialista-anarchico

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Durata: 4 Ottobre 1902 — 5 Aprile 1903
Luogo: Londra
Periodicità: Quindicinale
Pagine: 4

Nota dell’Archivio
-Manca il n. 5
-Come scrive Pietro Di Paola in “The Knights Errant of Anarchy. London and the Italian Anarchist Diaspora (1880-1917), “dopo la cessazione de “Lo Sciopero Generale, venti anarchici italiani firmarono una nota scritta da Malatesta per lanciare un altro giornale, “La Rivoluzione Sociale”. Questo giornale intendeva esprimere il cambiamento nella tattica politica degli anarchici. Ormai Malatesta aveva cominciato a considerare come errore l’ingresso degli anarchici nelle organizzazioni operaie in Italia. Entrando nelle associazioni operaie, gli anarchici erano riusciti parzialmente ad uscire dall’isolamento. Tuttavia, gli anarchici erano stati troppo sicuri del potenziale del movimento operaio e avevano simpatizzato con i gruppi repubblicani e socialisti, ideologicamente e politicamente antagonisti all’anarchismo – fattori che stavano erodendo il radicalismo degli anarchici. Malatesta sosteneva che gli anarchici avevano sopravvalutato l’importanza delle associazioni operaie: era un’illusione credere che il movimento operaio, da solo e per sua natura, potesse portare alla rivoluzione sociale. […] [secondo Malatesta] i sindacati includevano elementi conservatori e reazionari ai quali gli anarchici dovevano resistere […] Il movimento operaio era un comodo obiettivo per le campagne politiche ed era molto utile per riunire le forze in vista della rivoluzione. Tuttavia, per ottenere un cambiamento strutturale della società era inevitabile un’insurrezione armata. Di conseguenza, gli anarchici dovevano prepararsi e organizzarsi in vista del conflitto armato. Per Malatesta, preparare il terreno per una rivoluzione armata doveva essere la priorità degli anarchici, sia all’interno che all’esterno delle associazioni operaie. […] Malatesta sosteneva questa posizione perché presumeva che l’Italia fosse sull’orlo di una insurrezione popolare. In effetti, l’ondata di scioperi generali del 1902 […] sembravano confermare [..] l’avvicinarsi di un periodo rivoluzionario. Egli riteneva, quindi, che l’esperimento liberale di Giolitti stesse per fallire e sostituito da una politica di repressione che ricordava gli anni Novanta del XIX secolo. Questo, secondo Giulietti, dimostra che la lunga assenza di Malatesta dall’Italia gli fece perdere di vista alcuni degli elementi politici e sociali innovativi del riformismo giolittiano. “La Rivoluzione Sociale” intendeva sostenere il nuovo orientamento di Malatesta in Italia sfruttando la libertà di espressione concessa dall’Inghilterra. La differenziazione dai riformisti […] divenne quindi un tema centrale del giornale. […] Il timore che i contatti con i socialisti potesse minare la purezza rivoluzionaria degli anarchici fu spiegato in una serie di articoli dove vennero criticate le politiche e gli approcci parlamentari del Partito Socialista. La decisione dei socialisti riformisti, guidati da Filippo Turati, di appoggiare il gabinetto Zanardelli-Giolitti, aggravò lo sdegno degli anarchici. L’intransigenza verso il programma riformista spinse il giornale a respingere persino le campagne per le riforme sociali dei socialisti alla Camera – come la legalizzazione del divorzio, o la proposta di un congresso antimilitarista da tenersi a Londra. Secondo Virgilio (una spia della polizia, ndt), Malatesta riteneva che il coinvolgimento degli anarchici nelle campagne per le riforme, sebbene apparentemente vantaggioso, fosse uno spreco di energie. La Gran Bretagna fu un esempio del fallimento del riformismo. La descrizione della povertà diffusa, causata dalla crisi economica che colpì il Regno Unito, fu utilizzata per sottolineare l’inefficienza dei sindacati, degli enti di beneficenza e delle riforme politiche. […] Pur essendo nati come istituzioni rivoluzionarie, i sindacati avevano gradualmente accettato il ruolo del capitalismo. Di conseguenza, divennero difensori degli interessi corporativi e incitarono i lavoratori privilegiati contro i lavoratori immigrati mal pagati. Inoltre, i sindacati svilupparono strutture burocratiche gestite da una classe di funzionari ben pagati e interessati quasi esclusivamente ai propri interessi. […] un altro punto centrale de “La Rivoluzione Sociale” era la partecipazione degli anarchici nelle associazioni dei lavoratori […] Secondo “La Rivoluzione Sociale”, tutti i lavoratori, di qualsiasi inclinazione politica o religiosa, dovevano iscriversi ai sindacati; ma le stesse organizzazioni dei lavoratori dovevano rimanere politicamente neutrali. Il giornale esortava gli iscritti ai sindacati anarchici a preservare la propria identità, senza farsi assorbire dalla gerarchia sindacale […] Allo stesso tempo, i membri anarchici erano ansiosi di contrapporre le loro politiche ai tentativi socialisti di conquistare l’egemonia in queste organizzazioni […] Negli anni successivi, lo sviluppo dell’analisi del rapporto tra anarchici e movimento operaio – avviato da Malatesta e da La Rivoluzione Sociale – influenzò fortemente la partecipazione anarchica nel sindacalismo rivoluzionario e nell’Unione Sindacale Italiana. L’ultimo numero de La Rivoluzione Sociale apparve nell’aprile 1903. Le difficoltà finanziarie segnalate dal giornale in Gennaio furono, ancora una volta, la ragione più probabile della sua scomparsa. […]”

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